09 Ottobre 2025

Responsabilità dell’amministratore di s.r.l.: i confini tra danno diretto (art. 2476, co. 7 c.c.) e danno indiretto (art. 2476, co. 6 c.c.)

Responsabilità dell’amministratore

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Un commento a Tribunale di Venezia, 12/04/2025, n. 1878/2025

Il Tribunale di Venezia (Sezione imprese) offre un chiarimento prezioso sulla bipartizione della responsabilità dell’amministratore di s.r.l. verso i creditori: quando ricorre un danno diretto ex art. 2476, co. 7, c.c., e quando, invece, sussiste un danno indiretto (oggi tipizzato per le s.r.l. dall’art. 2476, co. 6, c.c., secondo il modello dell’art. 2394 c.c.).

Il fatto:

Nel maggio 2018 la committente stipulava con la società appaltatrice un contratto di appalto avente ad oggetto lavori di demolizione e ricostruzione, con ampliamento di un immobile di proprietà della committente, per un importo complessivo di € 226.000,00 oltre IVA, da corrispondersi per stati di avanzamento lavori.

Nel corso dell’esecuzione, la committente versava sei acconti fino al novembre 2018, ma i lavori rallentavano progressivamente fino alla loro cessazione, lasciando l’immobile privo di copertura e quindi esposto alle intemperie.

Per evitare ulteriori danni, la committente sosteneva spese per materiali e opere di completamento, nonché per il pagamento di dipendenti e subappaltatori dell’appaltatore, dovendo anche ricorrere a un finanziamento per ottenere liquidità.

A seguito delle difficoltà economiche dell’appaltatore, la società veniva dichiarata fallita dal Tribunale competente nel 2021 e successivamente cancellata dal registro delle imprese.

In un giudizio separato di accertamento tecnico preventivo, veniva accertato che gli acconti versati dalla committente eccedevano il valore delle opere effettivamente eseguite dall’appaltatore. Tale differenza, pari a circa 37.000 Euro, veniva riconosciuta in un successivo procedimento monitorio definito con ordinanza di condanna nei confronti della società appaltatrice.

Nel giudizio in commento, la committente, rimasta creditrice insoddisfatta a seguito del fallimento della società appaltatrice, ha agito contro l’amministratore di quest’ultima, deducendone la responsabilità personale:

  • in via principale, per illecito diretto da “stipula in frode”, sostenendo che l’appaltatore avesse assunto l’obbligazione pur consapevole della propria incapacità di adempiere;
  • in via subordinata, per illecito indiretto da depauperamento del patrimonio sociale, in relazione a prelievi ingiustificati effettuati dall’amministratore dai conti sociali nell’ultimo trimestre del 2018.

Dalla documentazione prodotta risultava che, nel periodo in cui i lavori erano ormai fermi, l’amministratore aveva disposto prelievi per circa 24.000 Euro, destinando parte delle somme a spese estranee all’attività d’impresa, mentre i fornitori e i dipendenti dell’appaltatore restavano insoddisfatti.

Il Tribunale di Venezia ha escluso la sussistenza di una stipula in frode, non essendo emerso che, al momento della conclusione del contratto, l’appaltatore fosse consapevole della propria incapacità di adempiere. Ha invece riconosciuto la responsabilità dell’amministratore per depauperamento del patrimonio sociale, ritenendo provato che i prelievi indebiti avevano ridotto la capacità della società di far fronte ai debiti verso la committente.

La massima (e perché conta)

Massima: non integra un illecito gestorio produttivo di danno diretto ai creditori (art. 2476, co. 7, c.c.) la mera stipula di un appalto in una fase di difficoltà economica, se non è provata la consapevolezza, al momento della stipula, di non poter adempiere (“stipula in frode”); configura invece un danno indiretto ai creditori (art. 2476, co. 6, c.c.) l’indebito prelievo di somme dalle casse sociali nel corso dell’esecuzione, quale atto di depauperamento che rende il patrimonio incapiente.

Il Tribunale scandisce proprio questi punti: da un lato nega la frode originaria perché fatti come la “non floridezza” della società, la richiesta di ulteriori acconti nella fase critica e la successiva interruzione dei lavori non dimostrano la consapevolezza iniziale d’inadempimento, cioè il dolo o la colpa il cui onere della prova ricade su parte creditrice; dall’altro lato afferma la responsabilità per danno indiretto per i prelievi ingiustificati e per il mancato pagamento dei fornitori, che hanno inciso sulla capienza patrimoniale.

Il decisum di Trib. Venezia n. 1878/2025 in concreto

  • Niente “stipula in frode”: alla data del recesso del committente (fine 2018) circa due terzi dei lavori erano stati realizzati senza vizi, circostanza difficilmente compatibile con l’intento iniziale di non adempiere; la situazione economica non brillante e le frizioni su ulteriori acconti non bastano a provare il dolo o colpa ab origine.
  • Sì al danno indiretto: risultano prelievi dai conti sociali effettuati tramite bancomat/assegni, in parte estranei allo scopo sociale (pagamenti a studio dentistico, consorzio agrario, trattoria), mentre i fornitori non venivano soddisfatti. Tali condotte integrano l’illecito da depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, nel solco dell’art. 2394 c.c. applicato alle s.r.l. via art. 2476, co. 6, c.c. (riforma 2019).
  • Quantum: i prelievi indebiti (i quali ammontavano, nel caso di specie, a circa 24.000 Euro), somma che misura il danno risarcibile (criterio differenziale sul patrimonio sociale), con rivalutazione ISTAT dal fatto alla sentenza e interessi legali sulla somma via via rivalutata sino alla decisione; più interessi di legge.

Il perimetro normativo art. 2476 c.c. (lettura pratica)

La sentenza ancora il danno indiretto al paradigma dell’art. 2394 c.c. (responsabilità verso i creditori per lesione dell’integrità del patrimonio sociale), espressamente trasfuso nelle s.r.l. dall’art. 2476, co. 6, c.c. dopo la riforma del 2019; il danno diretto ai creditori – figura affine al perimetro dell’art. 2395 c.c. per i terzi direttamente lesi – è oggi previsto dall’art. 2476, co. 7, c.c. e richiede la prova di un pregiudizio immediato (qui, la “stipula in frode”, intesa come consapevolezza, al momento della stipula, dell’impossibilità di adempiere). Il Tribunale ripercorre espressamente tale ricostruzione dogmatica e la applica alle condotte accertate.

In sintesi:

  1. Danno diretto (art. 2476 co. 7 c.c.): serve prova rigorosa della condotta dolosa/colposa al momento dell’atto (es. stipula in frode). Elementi ex post (crisi, richieste di acconti, interruzione) non bastano se non agganciati alla consapevolezza originaria.
  2. Danno indiretto (art. 2476 co. 6 c.c.): è decisivo il nesso causale tra depauperamento e incapienza: prelievi ingiustificati, spese estranee allo scopo sociale, mancato pagamento dei fornitori nel periodo critico sono indici robusti; la prova documentale bancaria è centrale.
  3. Liquidazione: criterio differenziale ancorato all’importo del depauperamento (qui: somma dei prelievi indebiti) più rivalutazione e interessi da illecito.

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