21 Maggio 2021

Protezione dei dati personali sul vaccino anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro

Il 6 aprile 2021, è stato sottoscritto – all’esito di un approfondito confronto – il “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/ Covid-19 nei luoghi di lavoro” (“Protocollo sui Vaccini in Azienda”).

Il Protocollo sui Vaccini in azienda mira a coinvolgere i datori di lavoro nella campagna vaccinale con l’obiettivo di favorire l’applicazione e l’efficacia delle misure di contrasto e di contenimento della diffusione del SARS-CoV-2/Covid-19 negli ambienti di lavoro e di accrescerne, conseguentemente, la sicurezza e la salubrità.

La presente newsletter si pone come obiettivo specifico quello di chiarire la gestione dei profili privacy relativi non solo alla somministrazione dei vaccini in azienda, ma anche ai dati inerenti alla vaccinazione dei dipendenti.

Sul tema si deve necessariamente far riferimento all’intervento del Garante per la Protezione dei Dati Personali, in data 17 febbraio 2021, mediante la pubblicazione di alcune FAQ volte a precisare taluni aspetti rilevanti sotto il profilo della privacy dei lavoratori.

I chiarimenti espressi dal Garante si muovono su tre versanti.

L’adesione dei lavoratori alla campagna vaccinale

In primo luogo, “il datore di lavoro non può̀ chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19” nemmeno sulla base dell’eventuale consenso rilasciato dai lavoratori. “Ciò̀ non è consentito dalle disposizioni dell’emergenza e dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”. Questo perché manca una base giuridica di tipo normativo che sorregga tali attività di trattamento dei dati (concernenti, peraltro, una particolare categoria di dati, quali i dati sanitari). “Il datore di lavoro non può̀ considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità̀ in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo”

Considerando quanto sopra esposto, unitamente alle “Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-2/COVID-19 nei luoghi di lavoro”, al fine di permettere al datore di lavoro la gestione e l’organizzazione della vaccinazione sarà il medico competente (o il personale sanitario individuato dal datore di lavoro) a raccogliere l’adesione volontaria da parte della lavoratrice o del lavoratore in conformità con quanto previsto al punto 8 del “Protocollo sui vaccini in azienda”[1].

I nominativi dei lavoratori vaccinati

In secondo luogo, il Garante ha precisato che “il medico competente non può̀ comunicare al datore di nominativi dei dipendenti vaccinati” in quanto solo quest’ultimo può “trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità̀ alla mansione specifica (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, d.lgs. n. 81/2008)” al datore di lavoro è infatti consentito acquisire i soli giudizi di idoneità̀ alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati.

La vaccinazione quale condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e/o per lo svolgimento delle mansioni

Infine, data la mancanza di una legislazione nazionale che preveda l’obbligo di vaccinazione anti Covid-19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni, nei casi di esposizione diretta dei lavoratori ad “agenti biologici” che mettano a rischio la salute e la sicurezza degli stessi (come accade nelle professioni sanitarie in virtù dell’elevato livello di rischio per il lavoratore ed i pazienti), trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi (art. 279, Titolo X, d.lgs. n. 81/2008).

Il Garante ribadisce che, in tale quadro, “solo il medico competente può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica”.

Il datore di lavoro dovrà, invece, limitarsi ad adottare le misure idonee a consentire al lavoratore di svolgere l’attività lavorativa, attuando altresì le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (artt. 279, 41, 42, d.lgs. n. 81/2008).

[1] “Le procedure finalizzate alla raccolta delle adesioni dei lavoratori interessati alla somministrazione del vaccino dovranno essere realizzate e gestite nel pieno rispetto della scelta volontaria rimessa esclusivamente alla singola lavoratrice e al singolo lavoratore, delle disposizioni in materia di tutela della riservatezza, della sicurezza delle informazioni raccolte ed evitando, altresì, ogni forma di discriminazione delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti”.

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