19 Aprile 2023

La sentenza della corte di appello nel processo Banca Popolare di Vicenza

Con la presente newsletter viene esaminata la Sentenza della Corte di Appello di Venezia, Sez. I penale, 4 gennaio 2023, n. 3348 in relazione al procedimento contro la Banca Popolare di Vicenza che era stata chiamata a rispondere ex art. 25-ter, comma 1, lett. r) e s), D. Lgs. 231/2001 per i reati di aggiotaggio e ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza commessi dai suoi vertici.

LA VICENDA

L’oggetto del procedimento penale scaturisce da un’ispezione effettuata dalla Banca Centrale Europea, nel 2015 presso la Banca Popolare di Vicenza dalla quale sono emerse irregolarità relative all’acquisto di azioni proprie mediante finanziamento da parte di soci e clienti in relazione alle quali l’Istituto avrebbe promesso il riacquisto, anche attraverso l’utilizzo di fondi esteri per la detenzione di azioni proprie in via indiretta.

A causa di tali operazioni il danno subito dal patrimonio della Banca è stato quantificato in oltre un miliardo di euro, ciò ha portato la B.C.E. all’elaborazione di un nuovo piano industriale e al rinnovamento degli organi societari.

Nel 2016, la Banca ha proceduto alla trasformazione in S.P.A., deliberando un aumento di capitale per 1,5 miliardi di euro, con quotazione in borsa senza, tuttavia, riuscire nell’intento di risanare la situazione.

Veniva quindi pronunciata la dichiarazione di dissesto nel 2017 da parte delle Istituzioni bancarie europee, e quindi, nel 2018, la dichiarazione di insolvenza a seguito della procedura di liquidazione coatta amministrativa, iniziata nel mese di giugno del 2017.

A seguito dei fatti sopra esposti nel 2017 aveva anche inizio presso il Tribunale di Vicenza il procedimento penale che contestava agli imputati i reati di aggiotaggio, ostacolo alle funzioni di vigilanza, falso in prospetto, considerati poi colpevoli dal Tribunale di Vicenza, Sez. Pen., n. 348, in data 17 giugno 2021.

REATO DI AGGIOTAGGIO

Agli imputati, come anticipato, è stata contestata la fattispecie di aggiotaggio, ex art. 2637 c.c.[1], sia nella forma manipolativa od operativa sia nella forma informativa:

– per quanto concerne la manipolazione operativa del mercato, è stata riscontrata la sistematica concessione di assistenza finanziaria in favore dei clienti per l’acquisto di titoli azionari emessi dalla stessa Banca, così da determinare l’apparenza di liquidità dei titoli e, nel contempo, ridurre il controvalore delle azioni proprie detenute dalla Banca stessa, omettendo di iscrivere a bilancio la relativa riserva indisponibile e di comunicare tale operazione di finanziamento all’esperto incaricato della stima del valore del sovrapprezzo delle azioni predette.

– con riferimento alla condotta di aggiotaggio informativo, assumono rilevanza i dati divulgati a mezzo stampa, nonché mediante comunicazioni ai soci e bilanci di esercizio, in ordine all’entità del patrimonio, alla solidità patrimoniale della banca, alla crescita della compagine sociale e al buon esito delle operazioni di aumento di capitale del 2013 e 2014.

REATO DI OSTACOLO ALLA VIGILANZA

Inoltre, per quanto concerne l’attività di vigilanza svolta da Banca D’Italia e dalla Banca Centrale Europea sono state accertate condotte di occultamento con mezzi fraudolenti delle operazioni di finanziamento di capitale e delle lettere di impegno al riacquisto delle azioni, di cui è stata omessa la comunicazione alla squadra ispettiva (punite ex art. 2638 c.c. comma 1 e comma 2[2]). Sono state anche accertate condotte di ostacolo alla vigilanza poste in essere in relazione all’attività ispettiva della CONSOB.

REATO DI FALSO IN PROSPETTO

Le condotte di falso in prospetto, punite ai sensi dell’art. 173 bis T.U.F.[3], riguardano i prospetti informativi redatti dalla Banca e depositati presso la CONSOB nei quali sono state occultate informazioni rilevanti in merito ad esistenza, entità ed effetti dei finanziamenti che la Banca ha concesso per l’acquisto delle proprie azioni da parte dei soci e dei clienti, unitamente ad informazioni false e fuorvianti in relazione al mercato secondario dei titoli in questione. Queste condotte, secondo la giurisprudenza, hanno avuto lo scopo di trarne un ingiusto profitto, determinando un effetto distorsivo nel giudizio degli investitori in merito all’opportunità dell’investimento.

L’INIDONEITA’ DEL SISTEMA DI PREVENZIONE ADOTTATO DALLA BANCA

La Corte di Appello si è soffermata sull’inidoneità del modello organizzativo (nel caso di specie il modello non conteneva nessuna prescrizione specifica per la prevenzione dei reati) adottato dalla Banca e sull’esposizione delle caratteristiche dell’Organismo di Vigilanza (nel caso di specie il modello organizzativo non era stato attuato e presidiato da un Organismo di Vigilanza realmente idoneo allo scopo).

I giudici hanno ricordato come «il modello organizzativo altro non rappresenta che uno strumento di gestione del rischio da commissione di (determinati) reati, ovverosia un dispositivo finalizzato a scongiurare la perpetrazione di attività delittuose poste in essere, come s’è detto, nell’interesse o a vantaggio dell’ente medesimo e, quindi, ad evitare le conseguenze sfavorevoli costituite, per l’ente in questione, dalle relative dalle sanzioni».

Il modello non è stato ritenuto adeguato ad escludere la c.d. “colpa di organizzazione” perché non prevede l’adozione e l’attuazione di “contro-misure di prevenzione idonee ed efficaci” (ex artt. 6 e 7 D. lgs. 231/2001); inoltre, secondo la Corte, risulta «caratterizzato da prescrizioni per lo più generiche e, quindi, manifestasse gravi lacune tanto sotto il versante dell’idoneità quanto sotto quello dell’efficacia». Oltre a ciò, mancavano anche «previsioni puntuali riferibili, oltre che alle modalità di predisposizione dei bilanci (segnatamente, in relazione al computo dei requisiti patrimoniali anche ai fini del patrimonio di vigilanza) e di erogazione del credito, a profili essenziali dell’operatività della banca, sempre in relazione al pericolo di commissione dei suddetti delitti». I profili essenziali dell’operatività della Banca rilevanti erano i seguenti:

– meccanismi di controllo delle operazioni di collocamento delle azioni dell’istituto;

– impieghi ai quali erano destinati i finanziamenti concessi dalla Banca;

– flusso di informazioni interne (es. previsione di report periodici);

– flusso di informazioni esterne (es. verifica dei comunicati stampa).

Per quanto concerne l’Organismo di Vigilanza la Corte descrive «un organismo di vigilanza privo di autonomia effettiva rispetto alla direzione societaria, donde un ulteriore, decisivo profilo di inadeguatezza di tale strumento organizzativo», ancora, «i verbali delle riunioni dell’OdV non sono che la plastica espressione di un organismo che interpretava il proprio ruolo in modo meramente formale, posto che non offrono la benché minima contezza di alcuna programmazione di attività di verifica, né evidenziano che fossero state rilevate criticità, neppure in relazione ai casi più eclatanti».

[1] Art. 2637 c.c. – “Aggiotaggio” – “Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato, ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni.”

[2] Art. 2638 – “Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza” – “1. Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza, o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali nelle comunicazioni alle predette autorità previste in base alla legge, al fine di ostacolare l’esercizio delle funzioni di vigilanza, espongono fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazione, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza ovvero, allo stesso fine, occultano con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte fatti che avrebbero dovuto comunicare, concernenti la situazione medesima, sono puniti con la reclusione da uno a quattro anni. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. 2. Sono puniti con la stessa pena gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società, o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali, in qualsiasi forma, anche omettendo le comunicazioni dovute alle predette autorità, consapevolmente ne ostacolano le funzioni.”

[3] Art. 173 T.U.F. – “Omessa alienazione di partecipazioni” – “1. Gli amministratori di società con azioni quotate, o di società che partecipano al capitale di società con azioni quotate, i quali violano gli obblighi di alienazione delle partecipazioni previsti dagli articoli 110 e 121 sono puniti con la reclusione fino ad un anno e con la multa da euro venticinquemila a euro duemilionicinquecentomila”.

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