22 Aprile 2024

La Cassazione conferma la compatibilità tra manleva sul conferimento e divieto di patto leonino

Con l’ordinanza 25 marzo 2024 n. 7934, la Cassazione ha confermato la liceità del patto parasociale contenente un’opzione di put il cui prezzo di esercizio era pari al conferimento del socio opzionario maggiorato di interessi, unitamente al rimborso di tutti i finanziamenti erogati dallo stesso in favore della società.

Secondo la Suprema Corte tale patto non contrasta con il divieto di patto leonino ex art. 2265 c.c., ossia la previsione che rende nullo il patto che esclude ogni partecipazione dei soci agli utili o alle perdite.   

1. Il problema di compatibilità.

Per meglio comprendere la portata della pronuncia in commento è bene chiarire la natura degli istituti sottostanti la stessa.

Anzitutto l’opzione put è quello strumento che prevede l’attribuzione del diritto- in capo al socio opzionario- di vendere la propria partecipazione ad un prezzo predeterminato (c.d. “Prezzo di Esercizio”) in un determinato periodo temporale (c.d. “Finestra di Esercizio”) prevedendo contestualmente, in capo ai soci che hanno concesso tale diritto, l’obbligo di acquisto della partecipazione. Il vantaggio per il socio opzionario risiede nel fatto che Prezzo di Esercizio potrebbe essere maggiore rispetto al valore di mercato della partecipazione nel periodo di cui alla Finestra di Esercizio.

Nel caso in commento, si riconosceva un’opzione put in capo ad un socio che effettuava, a favore della società, un c.d. finanziamento partecipativo (quale apporto che, pur concretizzandosi nell’acquisto di una partecipazione al capitale sociale della società finanziata, conservava la natura di investimento finanziario); l’opzione di put, in particolare, prevedeva un Prezzo di Esercizio pari al conferimento del socio opzionario maggiorato di interessi unitamente al rimborso di tutti i finanziamenti dallo stesso effettuati in favore della società nel corso della sua permanenza.

Nella sostanza, l’esercizio del diritto di opzione manlevava il socio opzionario da eventuali perdite per l’intero periodo della sua partecipazione in società. Tale accordo sembrerebbe realizzare l’esclusione del socio dalle perdite come vietato dall’art. 2265 c.c.

2. L’orientamento della Cassazione.

Con la pronuncia dell’ordinanza 7934/2024 la Suprema Corte non solo ha riconosciuto la compatibilità tra il divieto di patto leonino e il patto parasociale con opzione di manleva sul conferimento, ma, in alcuni casi, ha ritenuto tale pattuizione meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c.

Tale pronuncia si pone in linea di continuità con la sentenza della Cassazione 17498/2018 che, per prima, ha stabilito la compatibilità tra divieto di patto leonino e opzione put con manleva sul conferimento.

In quella occasione la Corte aveva osservato che la stipula di patti con causa mista di natura associativa e di finanziamento non è proibita, ma, all’opposto, viene vista positivamente dall’ordinamento- in modo particolare a seguito del favor espresso dal legislatore con la riforma del diritto societario del 2003 per le forme atipiche di finanziamento.

La Corte, dopo aver ricostruito la ratio dell’art. 2265 c.c. e aver stabilito che il suo obiettivo è assicurare che tutti i soci partecipino alla gestione della società, preservando così la natura del contratto di società, ha stabilito che l’opzione non contraddice il divieto di patto leonino. Il socio-finanziatore, infatti mantiene un interesse costante nella performance della società, dato che il buon andamento della stessa è direttamente collegato al rendimento economico positivo dell’investimento o, in ogni caso, al recupero del capitale investito. La purezza del contratto di società di esercizio in comune di un’attività economica non viene dunque alterata dalla stipula di un patto di opzione put con manleva.

L’orientamento è stato in seguito confermato dalle sentenze Cass. 21 ottobre 2019, n. 26774 e Cass. 7 ottobre 2021, n. 27227; nell’ultima recente ordinanza 7934/2024 la Cassazione, come anticipato, ha nuovamente riconfermato il principio di diritto espresso nel 2018 e rigettato il ricorso fondato sulla contrarietà della opzione put al patto leonino, dando risalto a quanto osservato dalla Corte di merito alla circostanza che “la detenzione del pacchetto di partecipazione del socio finanziatore fosse temporanea e finalizzata al perseguimento degli obiettivi di ispirazione pubblicistica resi evidenti dallo statuto” e dalla legge istitutiva della resistente (nel caso di specie di una società finanziaria regionale).

3. Le opinioni dissenzienti del Tribunale di Milano.

Nonostante l’orientamento della Cassazione risulti ormai consolidato è bene sottolineare che sussistono, principalmente nelle corti milanesi, alcuni orientamenti diversi che sostengono la contrarietà del diritto di opzione con il patto leonino.

Nella sentenza n. 4628 del 23.07.2020 il Tribunale Milano Sez. spec. Impresa osserva che la facoltà attribuita ad un socio di uscire dalla compagine sociale, con un margine di profitto assicurato, a prescindere dalla situazione patrimoniale in cui versa la società è in grado di provocare “una grave e diretta lesione dell’interesse della società ad essere gestita mediante il contributo e l’apporto di ogni socio, nessuno escluso, ai fini del suo buon governo”. Tale circostanza, dunque, secondo la giurisprudenza milanese, crea un disallineamento tra investimento nella società e andamento della stessa, alterando la purezza della causa societatis.

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