Legge Capitali: tre importanti novità per PMI, s.r.l. e non-quotate
La legge 5 marzo 2024, n. 21, conosciuta come “legge Capitali”, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 60 del 12 marzo scorso e in vigore dal 27 marzo, reca interventi a sostegno della competitività dei mercati dei capitali, nonché una delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al D. Lgs. 58/1998, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel Codice civile applicabili anche alle emittenti.
La legge introduce alcune importanti novità per PMI, S.r.l. e società non quotate. Di seguito se ne segnalano alcune tra le più interessanti.
1. Una nuova definizione di PMI.
La nuova disposizione apporta una modifica alla definizione di PMI data dell’articolo 1, comma 1, lettera w-quater del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
Ai fini della regolamentazione finanziaria, infatti, erano da ritenersi tali le piccole e medie imprese, emittenti azioni quotate, che avessero una capitalizzazione di mercato inferiore a 500 milioni di euro; con l’entrata in vigore della legge 21/2024 saranno considerate PMI le imprese con una capitalizzazione di mercato fino a 1 miliardo di euro.
In particolare, non si possono considerare PMI le emittenti azioni quotate che abbiano superato tale limite per tre anni consecutivi.
2. Facilitazioni per l’emissione di obbligazioni e titoli di debito.
Al fine di agevolare il reperimento di risorse finanziarie da parte delle società non quotate la nuova legge facilita l’emissione di obbligazioni da parte di società per azioni e l’emissione di titoli di debito da parte delle società a responsabilità limitata.
Per quanto riguarda l’emissione di obbligazioni da parte di società per azioni l’art. 7 della nuova legge specifica, in primo luogo, che, pur rimanendo il limite alle emissioni di obbligazioni pari a una somma non eccedente il doppio del capitale sociale, quest’ultimo deve ora intendersi non più solo come quello indicato nell’ultimo bilancio della società emittente, ma anche il capitale sociale che derivi da un’operazione di aumento del capitale iscritta nel Registro imprese successivamente alla data di riferimento dell’ultimo bilancio d’esercizio e prima della delibera di emissione delle obbligazioni; viene dunque meno la necessità di approvare un bilancio straordinario.
In secondo luogo, è possibile per le società per azioni oltrepassare il limite al valore dell’emissione costituito dal doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili quando le obbligazioni siano destinate esclusivamente alla sottoscrizione da parte di “investitori professionali” e ciò risulti tra le condizioni dell’emissione.
In relazione all’emissione di titoli di debito da parte delle società a responsabilità limitata, analogamente a quanto previsto per le società per azioni, la nuova norma dispone che, quando i titoli di debito emessi dalla società a responsabilità limitata siano destinati a essere acquistati e a circolare esclusivamente tra investitori professionali e tale previsione risulti tra le condizioni dell’emissione, non è più necessario che siano sottoscritti dall’investitore professionale vigilato né è dovuta dal sottoscrittore alcuna garanzia di solvenza dell’emittente.
In tal modo si permette alle società a responsabilità limitata di ampliare il perimetro dei potenziali sottoscrittori di titoli di debito a condizione che la circolazione del titolo sia riservata ai già menzionati investitori professionali anche non soggetti a vigilanza prudenziale.
3. Più possibilità di attribuzione di voti plurimi.
La legge ha modificato la disciplina del voto plurimo di cui all’art. 2351 c.c., introdotta nel nostro ordinamento dalla legge di conversione del D.L. 91/2014; la modifica riguarda l’aumento da tre a dieci del numero di voti attribuibili alle azioni di società non-quotate.
La possibilità di attribuzione di voti plurimi può decorrere a partire da, o fino a una certa data, c.d. sunset clauses. È previsto, inoltre, che si possa programmare che il voto plurimo scatti o cessi subordinatamente al verificarsi di certi eventi – ad esempio qualora la società si trovi in stato di crisi – o sessioni dell’organo assembleare – ad esempio permettendo la validità del voto plurimo solo ai fini delle votazioni in assemblea ordinaria e non straordinaria – o ancora, solo per alcuni soggetti.
In caso di trasferimento delle azioni, il privilegio dell’attribuzione alla singola azione di diritto di voto plurimo essendo inerente al tipo di azione di regola si trasmette all’acquirente, non è però fatto divieto che lo statuto possa prevedere diversamente distinguendo chi acquisti l’azione, chi la prenda in pegno, chi la sequestri o chi ne goda altrimenti.
L’utilità della nuova previsione normativa si dispiega in modo evidente in caso di default permettendo di aumentare o diminuire il potere di voto dell’azione.
Analoga modifica ha riguardato l’art. 127 quinquies, comma 1 del TUF relativo al voto maggiorato anch’esso ampliato fino a un massimo di dieci voti ma subordinato a due condizioni, ovverosia che lo statuto preveda il voto maggiorato nella misura minima di due voti per azione e che sia maturato l’ulteriore periodo di possesso delle azioni di 12 mesi, in ragione del fatto che la disposizione normativa modificata prevede la possibilità di attribuire un voto ogni dodici mesi, fino ad un massimo di dieci voti per azione, successivo alla maturazione del periodo di 24 mesi che attribuisce il voto maggiorato, iniziale, nella misura minima di due voti per azione.