La dichiarazione di illegittimità del DM 17.2.2016 del MISE ad opera del Consiglio di Stato: conseguenze sulla modalità semplificata di costituzione della start-up innovativa
È stata pubblicata in data 29 marzo 2021, la sentenza n. 02643/2021 del Consiglio di Stato (disponibile a questo link) con la quale è stato accolto il ricorso – in primo grado rigettato dal TAR del Lazio – proposto dal Consiglio Nazionale Notarile con cui si denunciava l’illegittimità del D.M. 17.02.2016 del MISE, inerente la costituzione delle startup innovative tramite scrittura sottoscritta digitalmente, in quanto contrastante con la disciplina interna (perché in violazione di norme di rango superiore) ed europea.
Il decreto ministeriale in questione era stato adottato in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 4 co. 10 bis della legge di conversione 24 marzo 2015, n. 33, secondo cui: “Al solo fine di favorire l’avvio di attività imprenditoriale e con l’obiettivo di garantire una più uniforme applicazione delle disposizioni in materia di start-up innovative, l’atto costitutivo e le successive modificazioni di start-up innovative sono redatti per atto pubblico ovvero per atto sottoscritto con le modalità previste dall’articolo 24 del CAD. L’atto costitutivo e le successive modificazioni sono redatti secondo un modello uniforme adottato con decreto del MISE e sono trasmessi al competente ufficio del registro delle imprese”.
All’art. 1 co.2 del D.M. contestato si legge che l’atto costitutivo e lo statuto “sono redatti in modalità esclusivamente informatica…”
Il Consiglio di Stato ha quindi ritenuto di accogliere il primo motivo d’appello in quanto: “quest’ultima disposizione, prevedendo quale unica possibilità di redazione dell’atto costitutivo e dello statuto quella “esclusivamente informatica”, esclude – illegittimamente, in quanto in palese contrasto con la legge – l’altra delle due modalità alternative che il Legislatore aveva previsto per la costituzione della peculiare tipologia di società in discorso, vale a dire quella basata sulla redazione per atto pubblico”.
Secondo il Consiglio di Stato, inoltre, il decreto in esame sarebbe illegittimo perché contrastante con l’art. 11 della Direttiva 2009/101/CE, ai sensi del quale: “in tutti gli Stati membri la cui legislazione non preveda, all’atto della costituzione, un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario, l’atto costitutivo e lo statuto della società e le loro modifiche devono rivestire la forma di atto pubblico”.
Pertanto, in base alla disciplina europea, affinché l’atto costitutivo e lo statuto delle società e le loro modifiche possano rivestire forme diverse da quella di atto pubblico, è necessario che la legislazione preveda un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario.
La disciplina italiana non prevederebbe tale controllo in quanto l’accertamento svolto dagli Uffici del registro delle imprese prima di procedere all’iscrizione potrebbe essere di natura meramente formale in ragione delle prerogative spettanti, ex lege, al Conservatore del Registro delle Imprese. Il Consiglio di Stato, in particolare, censura l’art. 2 co. 2 del DM impugnato[1] ritenendo che lo stesso: “abbia illegittimamente ampliato l’ambito dei controlli dell’Ufficio del Registro dell’imprese, senza un’adeguata copertura legislativa che autorizzasse tale innovazione”. Secondo l’organo giudicante, l’articolo 11 co. 6 del D.P.R. 581/1995 prevede che agli Uffici del registro sia riconosciuto un solo potere di controllo formale, rendendo così illegittime le disposizioni su richiamate, le quali richiederebbero di svolgere verifiche che andrebbero al di là di un controllo meramente formale.
Per le ragioni su esposte il Consiglio di Stato dichiara illegittimo il Decreto Ministeriale 17 febbraio 2016.
Quali conseguenze?
Per chi vuole costituire una start-up: in attesa di un nuovo intervento legislativo che ben potrebbe ripristinare il regime semplificato – le censure accolte dal Consiglio di Stato sono basate, nella quasi totalità, sul rilevato contrasto del DM con norme di rango superiore con la conseguenza che, con un’adeguata copertura legislativa ben si potrebbe ripristinare la situazione precedente – si deve concludere che per la costituzione di una start-up innovativa non si potrà più beneficiare di un regime costitutivo semplificato e digitalizzato, ma ci si dovrà necessariamente rivolgere ad un notaio.
Per chi ha costituito una start-up senza atto pubblico: occorre chiedersi se la sentenza del Consiglio di Stato abbia effetti ex tunc – travolgendo quindi tutti gli atti posti in essere in esecuzione del DM dichiarato illegittimo – ovvero ex nunc, con efficacia quindi solo successiva e conservazione degli atti antecedenti.
Al riguardo si noti che se da un lato è ormai indubbia la possibilità di modulare gli effetti di una sentenza di annullamento, rendendo gli stessi operativi solo pro-futuro, dall’altro, si prevede che tale previsione debba essere specificata all’interno della sentenza stessa; in mancanza, deve ritenersi che il giudice abbia scelto di adeguarsi alla prassi generale di efficacia ex tunc.
Dalla lettura della sentenza del Consiglio di Stato sembrerebbe potersi desumere che gli effetti della stessa siano ex tunc con la conseguenza che, essendo venuto meno il presupposto legislativo della costituzione semplificata, occorre domandarsi quali siano le sorti delle società costituite con quella modalità: la risposta si trova nella normativa generale, ossia quella dettata dal codice civile.
In particolare, l’art. 2463, disciplinante le modalità di costituzione delle s.r.l., richiama, al comma terzo, l’art. 2332 c.c.; quest’ultimo prevede che la mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico sia una causa di nullità della società. Fortunatamente, tale nullità non è insanabile; infatti, secondo quanto disposto dal comma quinto del medesimo articolo: ”la nullità non può essere dichiarata quando la causa di essa è stata eliminata e di tale eliminazione è stata data pubblicità con iscrizione nel registro delle imprese”.
Pertanto, si potrebbe concludere che, in assenza di un intervento legislativo o di diverse indicazioni al riguardo – che comunque risultano del tutto auspicabili, visto il numero di soggetti coinvolti – le start-up innovative che volessero eliminare tempestivamente la causa di nullità derivante dalla dichiarazione di illegittimità pronunciata dal Consiglio di Stato, be potrebbero, preventivamente, rivolgersi ad un notaio onde stipulare l’atto costitutivo nella forma di atto pubblico con effetto sanante.
Per le start-up che perdono i requisiti: avendo il Consiglio di Stato rigettato l’appello incidentale proposto dal Ministero, le start-up cancellate dalla Sezione Speciale del Registro delle Imprese potranno mantenere l’iscrizione alla sezione ordinaria del registro solo se le stesse posseggono i requisiti di forma e di sostanza richiesti alle normali s.r.l., e, pertanto, solo se le stesse siano state costituite per atto pubblico.
Anche per questa ragione si ritiene del tutto auspicabile un intervento normativo.
[1] L’art. 2 comma 2 così legge: “l’ufficio del registro delle imprese verifica: a) la conformità del contratto al modello standard approvato col presente decreto e redatto sulla base delle specifiche tecniche del modello, di cui al comma 1 del presente articolo; b) la sottoscrizione a norma dell’articolo 24 del C.A.D. da parte di tutti i sottoscrittori o se unipersonale dell’unico contraente; c) che il procedimento di sottoscrizione si sia concluso con l’apposizione della sottoscrizione di tutti i soci entro dieci giorni dal momento dell’apposizione della prima delle sottoscrizioni, in caso di contratto plurilaterale; d) la riferibilità astratta del contratto alla previsione di cui all’articolo 25 del decreto legge 179 del 2012, come modificato da ultimo dall’articolo 4, comma 10 bis, del decreto legge 3 del 2015; e) la validità delle sottoscrizioni secondo quanto previsto dall’articolo 2189, comma 2, del codice civile e dall’articolo 11, comma 6, lett. “a”, del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581; f) la competenza territoriale; g) l’indicazione di un indirizzo di posta elettronica certificata direttamente riferibile alla società h) la liceità, possibilità e determinabilità dell’oggetto sociale; i) l’esclusività o la prevalenza dell’oggetto sociale concernente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico; j) la presentazione contestuale della domanda di iscrizione in sezione speciale delle start-up; k) l’adempimento degli obblighi di cui al titolo II del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni”.