09 Agosto 2021

Analisi della pronuncia delle Sezioni Unite n. 2061/2021: sì alla distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo ed irretroattività della l. 124/2017

Con l’odierna newsletter commentiamo la pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte n. 2061 del 28 gennaio 2021, con cui viene confermata la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo[1]. In particolare, le Sezioni Unite hanno enunciato con la summenzionata sentenza il seguente principio di diritto:

“La L. n. 124 del 2017 (art. 1, commi 136-140) non ha effetti retroattivi e trova, quindi, applicazione per i contratti di leasing finanziario in cui i presupposti della risoluzione per l’inadempimento dell’utilizzatore (previsti dal comma 137) non si siano ancora verificati al momento della sua entrata in vigore; sicché, per i contratti risolti in precedenza e rispetto ai quali sia intervenuto il fallimento dell’utilizzatore soltanto successivamente alla risoluzione contrattuale, rimane valida la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, dovendo per quest’ultimo social-tipo negoziale applicarsi, in via analogica, la disciplina di cui all’art. 1526 c.c. e non quella dettata dall’art. 72-quater L. Fall., rispetto alla quale non possono ravvisarsi, nella specie, le condizioni per il ricorso all’analogia legis, né essendo altrimenti consentito giungere in via interpretativa ad una applicazione retroattiva della L. n. 124 del 2017.”

La vicenda processuale vede al centro un contratto di leasing immobiliare, avente ad oggetto un capannone industriale, stipulato tra una società ed un istituto di credito. Alla naturale scadenza del contratto nel luglio del 2014, non avendo la società utilizzatrice esercitato il diritto d’opzione né pagato le ultime rate, la concedente richiedeva, in forza di una clausola risolutiva espressa prevista dal contratto di leasing, la restituzione del bene nonché il pagamento dei canoni scaduti. Due anni più tardi, nel maggio 2016, sopraggiungeva anche il fallimento dell’utilizzatore, sicché la società di leasing, oltre a rivendicare il bene, domandava l’insinuazione nello stato passivo del fallimento per l’importo corrispondente ai canoni scaduti rimasti insoluti. Tale istanza di ammissione veniva tuttavia rigettata dal giudice delegato, sul presupposto della già intervenuta risoluzione del contratto di leasing anteriormente al fallimento e della conseguente applicabilità dell’art. 1526 c.c. e non dell’art. 72 quater L. fall.

Da tale preliminare arresto discendeva il diritto della concedente a percepire – solamente – un equo compenso per l’utilizzo del bene, a cui si accompagnava, per l’effetto, il correlato obbligo alla restituzione dei canoni già riscossi. A seguito del rigetto, per le medesime motivazioni, anche dell’opposizione allo stato passivo, la concedente proponeva ricorso in Cassazione, affidato alla Terza Sezione Civile, la quale, con ordinanza interlocutoria n. 5022 del 25 febbraio 2020, rimetteva la vicenda all’attenzione delle Sezioni Unite.

La Terza Sezione Civile ha correttamente ravvisato l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale in materia:

(i) un primo orientamento di risalente formazione, infatti, propende per l’applicazione analogica ai leasing traslativi dell’art. 1526 c.c. (relativo alla risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà), mentre (ii) un secondo orientamento richiama l’applicazione per analogia dell’art. 72 quater L. fall. (che disciplina gli effetti, sul contratto di locazione finanziaria, del fallimento dell’utilizzatore).

Per oltre un trentennio la Cassazione ha mantenuto ferma la distinzione tra leasing traslativo e leasing di godimento, applicando per analogia al primo, anche a seguito dell’introduzione nell’ordinamento della disposizione dell’art. 72 quater L. fall., l’art. 1526 c.c. nell’ipotesi di risoluzione per inadempimento. Tale consolidato orientamento è stato tuttavia messo in crisi da talune pronunce che, forti della novella di cui alla l. 124/2017 e di alcuni interventi di settore, hanno giudicato la distinzione in parola oramai superata. In particolare, la novella legislativa del 2017 ha tipizzato unitariamente il contratto di leasing all’art. 1 commi 136-140, senza operare più alcuna distinzione tra leasing traslativo e leasing di godimento, con conseguente applicazione analogica, in caso di risoluzione contrattuale antecedente al fallimento dell’utilizzatore, dell’art. 72 quater L. fall.

La Terza Sezione Civile ha pertanto affidato alle Sezioni Unite il compito di chiarire la compatibilità del sopravvenuto orientamento dell’art. 1 commi 136-140 l. 124/2017  con i principi comunitari della certezza del diritto e della tutela dell’affidamento nonché il compito di verificare “se possa applicarsi in via analogica, anche solo per analogia iuris, una norma inesistente al momento in cui venne ad esistenza la fattispecie concreta non prevista nell’ordinamento”.

Le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto sancendo l’irretroattività della disciplina espressa nella l. 124/2017, la quale, proponendosi di colmare una lacuna dell’ordinamento e non di effettuare un’autentica interpretazione di un preesistente assetto legale, si limita ad operare pro-futuro. Con questa decisione la Corte ha fatto pertanto prevalere i principi fondamentali di certezza del diritto e di tutela dell’affidamento e, pur riconoscendo come importante ed irrinunciabile l’interpretazione storico-evolutiva delle norme, optato per l’applicazione giudiziaria della normativa in vigore al prodursi degli effetti giuridici e non di quella vigente nel momento della decisione inerente a tali effetti.

In conclusione, sulla base del principio poc’anzi espresso, può affermarsi che l’elemento discriminante, al fine della corretta individuazione della normativa regolatrice degli effetti della risoluzione del contratto di leasing, è il momento in cui i presupposti per tale risoluzione si siano verificati. In particolare, mantenendo ferma la distinzione tra leasing traslativo e di godimento, la Corte tripartisce così gli effetti della risoluzione:

I.             l’art. 1526 c.c. deve continuare, come tradizionalmente ha sempre fatto, a regolare le fattispecie di leasing traslativo risolte anteriormente al fallimento dell’utilizzatore qualora i presupposti per la risoluzione siano intervenuti prima dell’entrata in vigore della l. 124/2017;

II.            alla l. 124/2017 è, invece, affidata la disciplina degli effetti delle risoluzioni verificatesi successivamente alla sua entrata in vigore, ma antecedentemente al fallimento dell’utilizzatore;

III.           infine, all’art. 72 quater L. fall è riservata solamente la regolamentazione dei contratti di leasing che siano pendenti alla data della dichiarazione di fallimento.

[1] Come ben spiegato da Tribunale Reggio Calabria sez. I, 09/03/2021, n.320: “La differenza tra leasing di godimento e leasing traslativo riguarda la causa concreta del contratto: nel leasing di godimento, si prevede che la res esaurisca la sua utilità economica entro un determinato periodo di tempo, che coincide di regola con la durata del rapporto; nel leasing traslativo, si intende realizzare un preminente e coessenziale effetto traslativo, dato che il bene è destinato a conservare, alla scadenza del rapporto, un valore residuo particolarmente apprezzabile per l’utilizzatore […], cosicché tale riscatto non costituisce un’eventualità marginale ed accessoria, ma rientra nella funzione delle parti assegnata al contratto.”

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